Strano da parte mia visionare un film horror, ma tant’è. Mi ha colpito per l’uso della fotografia, molto curata, e dei colori – prevalentemente grigio e rosso – che mi hanno ricordato per alcuni versi Tim Burton. Da principio la regia è efficace, segue la storia della protagonista che, in seguito a un incidente, si ritrova sul tavolo di un obitorio per essere preparata al funerale. Fino alla fine rimane il dubbio che colui che la preparerà al rito sia in realtà uno psicopatico che l’ha rapita e indotta a credere di essere morta, e di poter comunicare con lui perché è dotato di questo potere. Il tanatoesteta è infastidito dai presunti morti perché tutti pongono le stesse domande e sembrano non aver risolto in vita le questioni più importanti, rimanendo spesso passivi e immeritevoli di clemenza. Peccato però che la fine, nel tentativo di imbrogliare ancor di più la matassa, sembri un po’ raffazzonata e concluda una storia che qua e là, dalla metà in poi, presenta qualche buco e imprecisione che toglie la iniziale suspance.

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