Dopo una caterva di mesi di sosta prima sul comodino, sul tavolo, nella libreria, ho preso in mano questo libro di John Boyne, che in spagnolo fa “El niño con el pijama de rayas”. Non per far bella figura, ma l’ho letto in spagnolo e questo è anche uno dei motivi che mi ha indotto a ritardare, anche se l’ho finito in tre giorni.

La scrittura è delicata e scorrevole, e invoglia a scoprirlo pagina dopo pagina. Bruno è un bambino tedesco che viene trasferito assieme alla famiglia in una casa a fianco al campo di Auschwitz, dove suo padre è in comando come alto ufficiale. Ogni dettaglio che si aggiunge alla trama, lo scopriamo passo dopo passo attraverso gli occhi del bambino che da grande vuole fare l’esploratore. Chi sono quelli col pigiama a righe che stanno dentro “Auscit”, come la chiama lui, e perchè la sua famiglia è fuori dalle barriere di filo spinato? Nessuno spiega ai bambini come stanno davvero le cose, e non si possono azzardare a chiederlo, perciò Bruno decide di capire da sé qual’è la diversità che fa stare separata quella gente dal resto. Conosce così Shmuel, e impara con lui il significato di molte parole e azioni fino a prima senza spiegazione.