Il titolo suona bizzarro, ciò si deve al fatto che, ammetto, non ho finito di leggere il libro scritto da David Foster Wallace chiamato “Infinite jest”. Vi raccontato di “Una cosa divertente che non farò mai più”, mi era proprio piaciuto, e dunque avevo deciso di affrontare il suo cosiddetto capolavoro nonostante gli scongiuri della gran parte di quello sparuto gruppo di amici che ci avevano tentato e spinta anche dagli incitamenti di quei (due, tre?) amici che lo avevano finito e amato. Ebbene, non ce l’ho fatta. E non perchè abbia una quantità di pagine che stimo attorno alle 1200, ma proprio perchè è un testo difficilissimo, pieno di rimandi, note delle note (comunque geniali), rimandi a realtà narrative parallele che non ho saputo superare. Data la mia cocciutaggine letteraria, del tipo che se posso cerco sempre di finire un libro per averne una visione completa e poterlo liberamente criticare se non mi è piaciuto, ho provato con un altro suo libro meno voluminoso e sperabilmente più abbordabile: “La scopa del sistema”. E per fortuna! Non solo l’ho letto, ma con gran piacere. Dopo il primo terzo – che temevo farraginosamente simile a “Infinite jest”, la lettura si è sbloccata e mi ha spinto a consumarlo in poco tempo. Splendido. La storia della protagonista Lenore è piuttosto intricata, in perfetto suo stile, e si intreccia con le vite di molte persone nelle maniere più improbabili. All’interno del testo si trovano racconti nel racconto, trascrizioni di sedute psicanalitiche e di trasmissioni televisive, in una frammentazione dei punti di vista su uno stesso universo davvero singolare.

“Guardo gli studenti, e loro ricambiano il mio sguardo. Litri di Capacità Di Cavarsela Da Soli e di elaborate strutture difensive sgorgano dai loro occhi e scrosciano a terra. Ma gli occhi e i volti sono come sempre spogli. Nei volti delle ragazze vedo mollezza, bellezza, i lustri e pacati occhi del benessere, e la vitale capacità di creare problemi dal nulla. (…) I ragazzi sono, com’è giusto siano, diversi dalle ragazze. Vedo altresì volti calmi, imperturbabili, volti ora e per sempre in pace con il contesto del proprio aspetto e del proprio essere, quella sorta di pace a lungo termine e di confidenza con un destino invariabile che rendono quei volti interscambiabili e incastonabili in sagome da direttore generale in ufficio con mobili di quercia (…)”

scopasistema