Questa è la recensione sui Marlene Kuntz (17 aprile 2009 Roncade – New Age) che ho scritto per il Giornale della Musica:

Il locale è gremito ma l’attesa è lunga prima di vederli salire sul palco. I Marlene Kuntz ritornano in assetto elettrico e rock dopo il tour invernale che li ha visti nei teatri di tutt’Italia con un sound, invece, più intimo e ricercato. Sfoggiano il loro nuovo album che raccoglie una sintesi dei migliori – e non solo dei più famosi – lavori di quasi vent’anni di carriera, intitolato “Best of”, che contiene anche dei brani inediti.

La formazione vede il nucleo storico formato dal leader Cristiano Godano alla voce e chitarre, Luca Bergia batteria, Riccardo Tesio chitarre, con l’aggiunta dell’ottimo Davide Arneodo a tastiere, violino e percussioni, e Luca Lagash Saporiti, bassista dei La Crus.

Si comincia significativamente con un brano dell’album che ha forse segnato l’inizio di una svolta musicale per i loro fan di vecchia data, “L’abbraccio” tratto da “Che cosa vedi” del 2000. Godano ha spesso raccontato della frattura che si è avvertita tra i sostenitori del gruppo in seguito alle scelte artistiche che hanno segnato l’evoluzione naturale dei M.K proprio negli anni in cui usciva questo album, e questa scissione a tratti si respira nelle reazioni degli ascoltatori durante la performance. L’esibizione continua con “111” da “Uno” del 2007, per poi tornare indietro di qualche anno all’album “Senza peso” con il brano “L’uscita di scena”, potente e nervosa.

Il momento clou del concerto arriva, come da copione, quando il gruppo intona le note di “Festa mesta”, tratto dal primo album “Catartica” del 1994. Nella stessa posizione in cui si trovano originariamente nel disco, a formare un tutt’uno, seguono “Sonica” e “Nuotando nell’aria”, e il pubblico balla e si spinge in visibilio.

Per accontentare anche chi li segue da poco, i M.K. eseguono l’ultimo singolo, cover della P.F.M., “Impressioni di settembre”, che ha avuto un buon successo e che infatti più o meno tutto il pubblico canticchia contento. In un momento di quiete, si torna ancora indietro con “A fior di pelle”, nella parte forse più melodica e pacata della serata, cui segue la poetica “Il solitario”, dal più recente “Bianco sporco”. Il suono è pulito e preciso, anche se i testi più recenti sembrano avere meno impatto rispetto alla forza espressiva che trasuda dai primi album.

Ancora un ritorno alle loro sonorità più sperimentali di “Ho ucciso paranoia” con “Questo e altro” e, dal precedente, con la canzone “Primo maggio”, arricchite tutte dalla presenza del polistrumentista Arneodo. Arriviamo nuovamente fino agli albori della loro produzione con due brani tratti da “Il vile”: “Come stavamo ieri” e “Ape regina”, che ricevono consensi fragorosi nel godimento del pubblico.

Semplicemente, “Grazie” chiude il set, seguita da ben due bis. Acclamati, i Marlene Kuntz eseguono tra le altre “Canzone in prigione”, inedito legato al film appena uscito “Tutta colpa di Giuda”, che è anche l’esordio cinematografico del cantante Cristiano Godano in qualità di attore, e un altro nuovo brano inedito tratto dall’ultimo cd, intitolato “Il pregiudizio”, per concludere con una fine “Ineluttabile”, sinuosa in una versione riarrangiata e distorta.

È sempre strano sentire un gruppo che ha segnato, personalmente, la tua crescita musicale e la storia del rock italiano più in generale, accorgendosi in modo inevitabile che la musica cambia e le persone che la ascoltano anche, ma che i Marlene Kuntz conservano ancora intensità, energia e quell’atteggiamento, indefinibile, che da sempre li contraddistingue.