Trasportata dall’onda di Orgoglio e pregiudizio (!), ho deciso di non crogiolarmi nel romanticismo ottocentesco che ormai mi faceva sospirare wertherianamente a ogni piè sospinto, e ho visto Guida per riconoscere i tuoi santi.

Mi sono anche commossa, ammetto. Sarà che il film parla della gioventù arida di un ragazzo del Queens (New York), piena di violenza e tutto il corollario, e della sua complessa relazione con i genitori, soprattutto col padre. Dito Montiel racconta autobiograficamente come è cresciuto, immerso in una vita di quartiere che lo conduce verso esperienze forti per un ragazzo, con le quali è costretto a misurarsi per non soccombere. Se non vi disturba il fatto che la parola fuck (ho visto la versione originale, forse in italiano viene declinata ogni tanto) compaia in pressoché ogni frase e che ci siano ragazzini che maneggiano droghe, armi e cerchino di capire come funziona ‘sto sesso, guardatevelo.

“In the end – just like I said – I left everything, and everyone. But no one, no one has ever left me.”