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Al contrario di ogni previsione meteo che ormai condiziona più di quanto dovrebbe le nostre mosse nel mondo, scosto la tenda rossa dell’entrata con la mano e la gremita piazza di Sesto Al Reghena si apre ai miei occhi sotto un cielo ancora confuso, mentre il sole tramonta in lontananza dietro le nuvole che spariscono per regalarci una notte stellata imprevista dove saremo cullati in uno splendido concerto dalla voce di Emiliana Torrini.

Per lei ad aprire sono i Letlo Vin, dal folk rock intimo ma energico, in tre soltanto ma pieni di strumenti che cambiano di canzone in canzone: chitarre, ukulele basso, cajón, flauto traverso, kazoo… Gruppo italiano da tener d’occhio, molto promettente, con sonorità che ricordano Mumford and Sons.

emilianatorrini

Arriva sul palco finalmente Emiliana Torrini con il suo gruppo, in abito rosso e orecchini di piume e stoffa scura giganti che le incorniciano il viso dove, per quasi tutto il concerto, sarà stampato un sorriso enorme. Si parte con “Home”, un inizio sognante e soft che si protrae con “Animal games” e “Caterpillar”, tratte dall’ultimo disco del 2013 intitolato “Tookah”. Il nome è completamente inventato e per lei ha un significato molto particolare: “È l’essenza di ciascuno di noi, il tuo io quando sei nato, prima che la vita ti decorasse come un albero di Natale. È ciò che ti connette con tutto e con tutti”. Appare la lap steel e la sua voce ammaliante sopra un suono di grancassa ci fa fare tappa in “Sunny road”, dall’album del 2005 “Fisherman’s woman”, una canzone che parla di seconde opportunità secondo quanto lei stessa racconta al pubblico. E tra un brano e l’altro la cantante si sofferma spesso a spiegare come è nata una certa canzone o a fare qualche battuta divertente ad esempio sulle sue origini napoletane, da parte di padre. E con “Autumn sun” realizzo che il silenzio della platea è praticamente perfetto, riesco a sentire ogni vibrazione e respiro proveniente da quel palco come se fossimo in una stanza a cielo aperto. Mentre spiega la dedica di “Elisabet” a sua zia, scherza su come ognuno di noi vorrebbe essere protagonista di qualche canzone, ricordandoci però di stare attenti a quello che si desidera perchè in effetti a lei è stata dedicata una canzone da un gruppo islandese, che fa più o meno “Conosco Emiliana Torrini, è una mia amica, Uh – Oh”, dice mimando un orrido coretto tra le risate generali. Ormai pendiamo dalle sue labbra, incantati, e con “Life saver” si continua il viaggio saltando da un album all’altro, proseguendo con la bella “Birds” e la toccante “Today has been ok”, un’intimità fatta solo di chitarra e voce limpida a riempire lo spazio. Ci si avvia alla fine, con un pezzo sul coraggio che serve a essere felici, “Big jumps”, mentre il ritmo riprende e le luci tornano a inondare il set per “Me and Armini” e “Tookah”. Davanti a teste che ondeggiano all’unisono, approdiamo all’entrata strumentale di “When fever breaks” e ai richiami sottomarini acuti come quelli delle balene misti a effetti elettronici che con “Blood red” chiudono infine il concerto. Torrini ringrazia il pubblico continuando a guardare la luna enorme che è uscita e che lei stessa ci ha mostrato qualche minuto prima.

Bis d’obbligo che si conclude con l’acclamata “Jungle drum”, suo singolo pop di maggior successo, in una versione bella tirata che smuove le gambe e le mani di tutti e addirittura una seconda uscita nell’acclamazione generale che termina con “Echo horse”. Continuo a canticchiare fino a casa e anche stamattina e di sicuro adesso mentre scrivo, con un sorrisetto stampato che ricorda molto quello visto sul volto di Emiliana Torrini, energica e spontanea donna islandese dalla voce fatata.