Ho preso in mano il libro e ho cominciato a leggerlo senza sapere bene a cosa andassi incontro, essendomi stato regalato e non avendone mai sentito parlare prima. L’ho letto in due giorni.

Il romanzo è suddiviso in tre grossi capitoli, e da subito emerge un modo di scrivere scarno che mira all’essenziale, a farti entrare nel personaggio che racconta la propria esistenza.

Si comincia a seguire la vita di due gemelli durante la seconda guerra mondiale, consegnati dalla loro madre a una nonna che vive in campagna e che li tratta senza amore, li fa lavorare, senza cure e senza educazione. I due bambini sopperiscono come possono alle carenze di affetto e non solo, lavorano sodo e si guadagnano soldi extra per potersi comprare vestiti, scarpe, sapone e tutto il necessario a una vita decente. Metodici fino all’estremo, esercitano corpo e anima a non provare dolore di alcun tipo, in un mondo che li mette a contatto continuamente con cattiveria e sofferenza.

Basterebbe per rendere la storia avvincente e viva, nello stile tagliente e secco della Kristof, tuttavia a questa storia se ne affiancano altre, in un ribaltamento di ottica e prospettiva che fa riflettere sulla storia stessa, sui personaggi che la raccontano. Ognuno di essi ha dentro un mondo, e ogni mondo è complesso e differente dagli altri, le parole si mescolano di bocca in bocca senza obiettività e non si può capire quale sia la verità. Sempre che esista.