Non sarà mai finita questa discussione. Per alimentarla un po’, tra i vari testi che ultimamente affollano le mie serate mi sto leggendo un manualone sull’economia dell’arte, da cui cito testualmente:

” (…) il critico è al servizio del modello ufficiale di fruizione, da cui il nonsenso è generato; si dà quindi da fare per convincere il consumatore a non cercare di dare un senso alla propria esperienza estetica: nell’arte, sostiene, bisogna entrare per “gustarne i misteri senza turbarli con l’obbligatorietà di una spiegazione.”

L’intenzione, nel testo, è assolutamente critica e contraria a questo atteggiamento, che è poi quello normalmente adottato invece dai critici d’arte quando spiegano le cose alle persone comuni. Suppongo anche che qualcuno nel leggere sarà sobbalzato all’uso del termine “consumatore” d’arte, perchè – e cito sempre il testo – “l’arte non si consuma, si fruisce”. Pure qui l’accento è marcatamente ironico. E ora come la mettiamo? Mi mancano ancora quattrocento pagine, ma sto incontrando molte possibili spiegazioni ai miei dubbi di sempre…

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