Sono ancora febbricitante, tuttavia ho voglia di condividere le impressioni sull’ultimo libro letto.

Ebbene sì, dopo un iniziale rifiuto durato quasi un decennio, ho ripreso in mano Le particelle elementari di Michel Houellebecq. Mi aveva tanto impressionato all’epoca il breve passaggio sulla decomposizione dei corpi umani dopo la morte, che non pensavo ci avrei trovato qualcosa di interessante dentro.

Il libro procede in maniera diseguale: a tratti romanzesca, in altri tratti molto scientifica e filosofica, creando una dissonanza costante che segue i personaggi fino alla fine e che, però, non disturba il lettore.

Michel e Bruno sono le due particelle elementari delle quali titola il romanzo, figli della stessa – odiata o non considerata – madre ma di padre diverso, simili ma diversi. Entrambi hanno un legame problematico con il sesso, Michel cerca di azzerare sentimenti e pulsioni arrivando alla quasi totale assenza di emozioni, mentre Bruno diventa patologicamente dipendente da esso e alla continua ricerca di piacere. In un modo diverso, i fratelli si trovano a percorrere una ricerca comune ma con strumenti differenti, e spesso ne dialogano riportando citazioni interessanti e filosofeggiando quasi con freddezza solamente emotiva e non intellettuale.

“Era la fine degli anni Settanta; lui e Bruno avevano vent’anni e si sentivano già vecchi. Era una sensazione destinata a continuare: si sarebbero sentiti sempre più vecchi, e ne avrebbero provato vergogna. Ben presto la loro epoca sarebbe riuscita a escogitare la seguente inedita trasformazione: annegare il sentimento tragico della morte nella sensazione più generale e apatica dell’invecchiamento.”

Molte parti del libro sono dedicate a un’aspra critica delle filosofie hippy e new age di cui a partire dagli anni Sessanta in poi la nostra cultura è stata pervasa, intrecciando storie e personaggi che di essa sono stati emblemi o miseri partecipanti, anche se le condanne più severe vengono riversate sulla società che ne è frutto, quella attuale.

“La società erotico-pubblicitaria in cui viviamo si accanisce a organizzare il desiderio, a svilupparlo fino a dimensioni inaudite, al tempo stesso controllandone la soddisfazione nel campo della sfera privata. Affinchè la suddetta società funzioni, affinchè la competizione continui, occorre che il desiderio cresca, si allarghi e divori la vita degli uomini.”

Il film, che vidi anni fa, mi ha rovinato un poco le fantasie evocate dal testo, e di certo non è paragonabile alla sua complessità, sebbene il finale – di cui non dirò ovviamente parola, diverso per altro dal film – mi ha lasciato perplessa.