In questo periodo difficile, nei miei frequenti viaggi in treno, mi sono praticamente bevuta d’un soffio questo bel libro di Penelope Lively (della quale credo leggerò altri scritti, a conferma del fatto che mi sia proprio piaciuta).

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“… Maria sperò che nella casa di vacanza ci fosse qualcosa con cui parlare. Si può sempre parlare con le persone, è ovvio. Ma il problema, con le persone, è che si aspettano che tu dica certe cose in particolare e tu finisci per dire quello che si aspettano, quello che vogliono. E loro finiscono per dire quello che ti aspetti. Gli adulti, aveva notato Maria, parlavano un sacco del tempo oppure si chiedevano se sarebbe successa una tal cosa oppure la tal’altra.”

La storia racconta l’estate di una bambina negli anni Settanta, di come scoprirà l’allegria dello stare insieme ad altri bambini e di giocare a conoscere la vita in una casa di villeggiatura nel Dorset. La scrittura è vivida e semplice, il personaggio principale cattura subito le mie simpatie e fa tornare i pensieri al ricordo di quando nell’infanzia ogni viaggio era possibile, inventando storie e ricamando sui dettagli dell’esistenza. Viene voglia di infilarsi tra i rami degli alberi freschi di un bosco e tuffare poi i piedi nell’acqua del mare, cantando scompostamente come solo i bambini sanno fare.