Ho assistito alla proiezione di un filmino realizzato da alcuni alunni delle scuole medie sull’interculturalità e la lotta contro il razzismo. Ben fatto, tante belle parole piene di significati e rielaborate in modo da far percepire che c’è un pensiero di sottofondo sentito e comune che, tuttavia, mi ha fatto riflettere.

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Per raggiungere una vera interculturalità l’educazione deve promuovere il dialogo e stimolare la maturazione di identità aperte, si educa a capire l’altro al di là delle differenze di razza, cultura e via dicendo. Stimolando l’interesse per la conoscenza linguistica, politica e sociale della cultura diversa, si può favorire l’eliminazione dei pregiudizi e dei comportamenti xenofobi dei nostri tempi. Insomma, il succo del discorso era questo: far vedere che i ragazzi, se correttamente stimolati, comprendono che quanto sopra è vitale per la pacifica convivenza. E nel filmino, tra belle parole come queste, si vedevano una serie di immagini di bambini neri (quasi tutti) nei loro paesi di origine, poverissimi. Nella mia mente stavo già rabbrividendo per il compiacimento degli adulti sorridenti soprattutto perchè questa sensibilizzazione qualcosa di buono avrà pur fatto sui ragazzi, ma certo non li ha aiutati a capire perchè è sbagliato anche odiare i vicini di casa puzzoni, gli zingari, i gay, i meridionali, gli uomini verdi e chi c’ha il naso bitorzoluto. Tutto ciò perchè l’altro è vicino a noi e se noi continuiamo a mostrare ai ragazzi migliaia di bimbi panciuti lontani kilometri abbiamo fatto soltanto un piccolo gesto – per quanto giusto e sacrosanto – per stimolarli alla solidarietà ma poco per avvicinarli ad agire fin dal loro prossimo, come diceva uno famoso qualche millennio fa. Ogni cammino comincia dal primo passo e la responsabilità di essere persone migliori, io credo, comincia da quello che ci sta intorno, amen.