Ieri mi premeva parlare di questo fatto appena accaduto: Google ha detto basta al governo cinese, non accetterà più le richieste di imporre filtri ai contenuti del web. Mi raccontava un’amica occidentale recatasi in Cina che cercava di vedersi vari siti, chessò, come la Repubblica o altri giornali italiani, e poteva leggerne solo alcune parti. Non si aprivano proprio i contenuti. Mentre me lo raccontava pensavo che fosse una cosa pazzesca, una censura così visibile. Di solito siamo abituati a manovre più astute, giri di parole tesi a confonderci, vortici del silenzio.

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Così ieri Google ha preso una posizione ben rischiosa, forte della sua potenza commerciale, e ha detto no dopo aver subito tentativi di attacchi informatici per carpire informazioni riservate sugli utenti. La Cina dal canto suo ha condannato gli attacchi, vietati dalla legge, aggiungendo in tono pacato che tutto va svolto sempre in accordo con le leggi della Cina (suggerendo così che se il motore di ricerca più famoso al mondo non si adegua alla storia dei filtri come ha sempre fatto, non potrà fare a lungo affari con questo paese).

Google non può rinunciare al mercato cinese, così come la Cina non può rinunciare a Google, anche se esistono altri motori di ricerca e ieri hanno ottenuto i loro guadagni sul mercato azionistico, facendosi strada pian piano e mantenendo le loro posizioni di concorrenza. Stiamo a vedere chi la vince.